Ricordando… Shining, film cult di Stanley Kubrick
Oggi parleremo di un film che in questo anno festeggia i suoi quarant’anni dall’uscita nelle sale, tratto dal bestseller omonimo di Stephen King, Shining.
Prodotto, scritto e diretto da Stanley Kubrick come adattamento dell’omonimo romanzo di Stephen King, Shining è uno dei molti capolavori realizzati dal geniale film-maker americano. Con questa pellicola Kubrick si occupa per la prima volta del genere horror.
Trama
Jack Torrance (Jack Nicholson), un insegnante disoccupato a causa di un problema di alcolismo, accetta il lavoro come guardiano invernale di un albergo in Colorado, non sapendo che questo era stato costruito sopra un cimitero indiano e che era stato teatro di un gesto di follia assassina da parte del vecchio guardiano, Mr. Grady, che aveva assassinato e tagliato a pezzi con un’accetta la moglie e le due gemelle di 8 anni.
Una volta giunti all’hotel, Danny (Danny Lloyd), il figlio con doti telepatiche, entra in contatto con Mr. Halloran, il capo cuoco che gli rivela di essere anche lui in possesso della “luccicanza“ (è il termine italiano che traduce la parola Shining), cioè una sorta di magico potere tramite il quale le persone che lo padroneggiano possono prevedere eventi futuri e comunicare tra loro. Intanto, Wendy (Shelley Duvall), la moglie, scopre segni di strangolamento sul collo di Danny e crede che ci sia qualcun altro nell’albergo oltre loro.
A questo punto, lo scrittore completamente impazzito e indemoniato manomette radio e gatto delle nevi, compromettendo così ogni speranza di fuga, per poi cercare di uccidere moglie e figlio armato di un’accetta, proprio come aveva fatto a suo tempo Mr. Grady.
Analisi
Per quanto concerne la regia, il film-maker decise di ricorrere all’allora poco utilizzata Steadicam, un innovativo mezzo di supporto della cinepresa caratterizzato da un sistema di ammortizzazione collegato ad una specie di corpetto indossato dallo stesso operatore, che permette di effettuare riprese in movimento senza vibrazioni e sobbalzi. Non a caso, in varie scene la cinepresa segue un personaggio da vicino, posteriormente o frontalmente, in modo da coinvolgere rapidamente lo spettatore nella vicenda narrata, aumentando talvolta la tensione drammatica.
Tra le particolarità si nota il ricorso alla dissolvenza incrociata, tecnica usata di solito per mostrare lo scorrere del tempo in una singola sequenza, tuttavia insolita per Kubrick, dal momento che nei suoi film il regista non vi ricorre spesso. La colonna sonora, infine, avvolge l’intera storia in una potente atmosfera dai toni ora soprannaturali, ora grotteschi, fin dalle prime note.
Temi della storia
Due sono i temi principali della storia, uno è quello dell’ossessione del protagonista e l’altro è quello del controllo, o meglio dell’opposizione “controllo/perdita di controllo”. Jack ritiene da sempre di avere il dominio su ogni aspetto della propria vita e sulla propria famiglia ma le forze del male all’interno dell’hotel riescono a controllarlo, per raggiungere i loro obiettivi. Questo concetto trova una geniale rappresentazione nel labirinto del giardino al di fuori dell’hotel. Esso costituisce un perfetto simbolo della condizione del protagonista il quale, dapprima convinto del totale controllo della situazione, finisce poi per perdere ogni cosa, smarrendosi letteralmente nel labirinto dal quale non uscirà mai più.
Il nostro parere
Più che un film horror è un thriller lucido, introspettivo ed enigmatico, consigliatissimo per gli amanti del genere. Almeno una volta nella vita, a nostro avviso, si deve vedere ma è anche vero che si tratta di una pellicola a tratti anche complessa e, se non piace, è meglio evitare.